Ormai a ridosso dell’evento del 22 ottobre, quando saranno con noi Marco Tarquinio (direttore del quotidiano Avvenire) e Rita Visini (Assessore alle Politiche Sociali della Regione Lazio) per ragionare su come da cristiani possiamo Fare nuove tutte le cose, ecco un ulteriore contributo al nostro cammino che culminerà questo sabato alle ore 17 nella chiesa di Sant’Egidio a Corso Italia a Viterbo.
Dopo quelli dedicati a giustizia e misericordia, lavoro e povertà, famiglia ed emergenza educativa, spiritualità laicale eccoci a confrontarci su quella che pare un’urgenza del nostro tempo: conciliare l’aspirazione alla pace e il dialogo tra le fedi.
Ci aiuta su questo versante padre Antonio Bagnulo, frate cappuccino, cappellano del carcere Mammagialla e responsabile in diocesi del Movimento dei Focolari.
Costruire la fratellanza universale
I mezzi di informazione ci tengono al corrente dei tempi critici in cui viviamo oggi, giorni di contrasti e di vari conflitti armati nelle diverse parti del pianeta, mascherati dalle motivazioni le più differenti, da quello religioso tanto abusato e quello etnico e culturale, da quello politico a quello ideologico, senza mai ammettere quello vero e sempre nascosto e cioè l’affermazione della propria supremazia economica, calpestando per questo anche il valore della vita altrui e di suoi diritti fondamentali.
Oggi nella difficile gestazione di una civiltà planetaria e nell’ottavo decennio della bomba atomica, appare in tutta la potenza profetica il magistero di Giovanni XXIII, il papa della Pace e la prospettiva di speranza che ha nutrito: concepire l’appartenenza comune a un intreccio globale di solidarietà come l’unica condizione possibile per il futuro dell’umanità; trasformare il dato di fatto dell’interdipendenza planetaria nel compito di costruire una “civiltà della terra”, di inaugurare una rivoluzione antropologica verso la convivenza della diversità nell’unità della famiglia umana.
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