Manca meno di un mese all’Assemblea diocesana triennale, snodo cruciale per conciliare quanto vissuto come Azione Cattolica viterbese e quanto ci impegneremo a perseguire. L’appuntamento è per domenica 23 ottobre alla parrocchia del Murialdo con tutti i delegati che in questi giorni verranno eletti nelle Assemblee parrocchiali con la formazione dei nuovi Consigli.
Ma oltre alla fase elettorale, ci sono importanti aspetti di contenuto da affrontare in un momento come questo. Stavolta abbiamo deciso di affrontarli in modo peculiare, con un convegno pubblico che assumerà lo stesso slogan dell’Assemblea, Fare nuove tutte le cose: un pomeriggio di riflessione e proposta animato dagli interventi del direttore del quotidiano Avvenire Marco Tarquinio e dell’Assessore ai Servizi Sociali del Lazio Rita Visini, senza dimenticare il contributo che ci fornirà la Caritas diocesana. Tutti insieme ci aiuteranno a declinare le sfide di questi tempi per capire in cosa consista e come spendere (per la Chiesa e il mondo) la novità cristiana.
Per questo ci piacerebbe che il convegno di sabato 22 ottobre alla chiesa di Sant’Egidio al Corso non sia un mero appuntamento associativo, ma che si apra a tutte le altre componenti ecclesiali e del territorio. Abbiamo quindi chiesto ad alcuni rappresentanti del mondo ecclesiale una serie di articoli che punteggeranno il percorso verso l’Assemblea e porranno alla nostra attenzioni alcuni temi forti. Si comincia con Claudio Mariani, a lungo vicepresidente del Gavac* che ci offre una riflessione su giustizia e misericordia, a partire dal suo osservatorio privilegiato: il mondo del carcere.
Il cristiano, il perdono e… la giustizia
Per chi come me trascorre molto tempo tra i detenuti del carcere come volontario, capita di frequente di ascoltare la parabola del figliol prodigo che sempre commuove ma che spesso lascia dubbi e interrogativi: che giustizia è quella che induce il padre a dare addirittura una gran festa per il ritorno del figlio? Un figlio che, non dimentichiamolo, gli aveva procurato un immenso dolore andandosene e dilapidando la metà del patrimonio? Non sarebbe stato sufficiente accoglierlo nuovamente in casa ma senza tanti clamori? E che giustizia è quella che induce a riammettere il figlio appena tornato nella stessa dignità del fratello che invece aveva sempre rispettato il padre e le sue regole? Che giustizia è questa?
Per fortuna Dio non ha il senso della giustizia che abbiamo noi perché Dio è davvero Amore!
Non senza titubanza, ma con immenso rispetto, propongo una riflessione: spesso sentiamo i familiari delle vittime di un reato dire che non possono perdonare i responsabili, ma anche se fossero disponibili al perdono dopo trent’anni, questo non ne legittima “la grazia” per gli autori in quanto si mancherebbe di rispetto alle vittime.
Personalmente ritengo che rispettare le vittime significhi in realtà ricordare costantemente il loro sacrificio, circostanza sempre più rara: temo, ad esempio, che nei nostri licei sia difficile trovare uno studente che conosca più di tre o quattro nomi tra i quasi trecento morti assassinati durante gli anni di piombo; rispettare le vittime significa onorare la loro memoria piuttosto che pensare che il carcere, più che un percorso di riabilitazione sia una terapia del dolore per i parenti delle vittime.
Ogni giorno si fa sempre più complesso il dibattito tra politica e religione per affermare che il cristiano non crede al divorzio, non crede all’aborto, non crede alle adozioni da parte degli omosessuali; se questi sono concetti non negoziabili, penso che si debba affermare con altrettanta sicurezza che un cristiano crede nel perdono! Anche questo è un valore non negoziabile!
Nostro Signore ci insegna che si può perdonare “chi vuol tornare a casa”, si può perdonare chi vuole tornare dentro la Società, si può perdonare chi, dopo un percorso interiore, tormentato, intimo e imperscrutabile, voglia chiedere perdono.
Vorrei suggerire (non senza un forte imbarazzo ma sempre con immenso rispetto) a quelle vedove o a quelle madri che non intendono perdonare chi chiede loro perdono: “perdonate e rivestirete il vostro martirio di un’ulteriore grandezza e di santità; lasciate che l’amore di Cristo entri in ciascuno di noi per diventare strumento di conversione”.
Non voglio sostenere che sia facile: infatti essere cristiani non è facile ma dobbiamo tentare di percorrere la strada della riconciliazione per uscire dalla logica del conflitto permanente: l’anno della Misericordia è stato ed è ancora per tutti noi una grande opportunità per vincere l’ennesima sfida che il cristiano deve affrontare ogni giorno.
Claudio Mariani
* Gruppo Assistenti Volontari Animatori Carcerari